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Le emorroidi sono “shunts” o “by-pass” artero-venosi, normali costituenti dell’ano presenti nell’essere umano sin dallo stato intrauterino embrionale (cosidetti “cuscinetti di Thompson”). Solo in alcuni soggetti, spesso stitici o diarroici, danno segno di sè con emorragie rettali, talvolta anche importanti. In tal caso si parla, più propriamente, di “malattia emorroidaria”.

No, al contrario. Spesso si può ottenere il miglioramento o la completa guarigione della malattia emorroidaria mediante terapia ambulatoriale (quali iniezioni sclerosanti e/o legatura elastica -in genere bastano 3 o 4 sedute-), l’impiego di terapia conservativa (lassativi di volume od ammorbidenti fecali, flavonoidi, etc.), e l’ausilio di presidi domiciliari (quali l’Anurex).

No, infatti la zona al di sopra di 0,5 cm dal margine anale è del tutto insensibile al dolore.

Il LASER non trova normalmente impiego nel trattamento delle emorroidi se non nella fantasia popolare.

La “crioterapia chirurgica” (da non confondersi con la semplice azione crioterapica dell’Anurex) è una tecnica che era in auge negli anni ’70 ed all’inizio degli anni ’80. Veniva eseguita dal chirurgo mediante l’impiego di una sonda criogenica che veniva applicata ad una vasta porzione del retto, senza possibilità di controllo. Il freddo spinto determinava necrosi (ossia, morte) dei tessuti trattati, tra cui anche, ma non solo, delle emorroidi. La procedura era piuttosto dolorosa e causa di ferite maleodoranti, che guarivano in molte settimane. Per tale motivo, l’ “American Society of Colon & Rectal Surgeons” e le maggiori Società Scientifiche Colo-Proctologiche successivamente proscrissero tale tecnica chirurgica, che, attualmente, non viene quasi più impiegata.

La “Dearterializzazione Emorroidaria Doppler Guidata” o “metodo THD” consiste nel ridurre l’iperafflusso arterioso tipico della malattia emorroidaria legando (sotto la guida di un anoscopio operatore munito di sonda Doppler) i 6 principali rami arteriosi presenti a livello anale (rami terminali dell’arteria emorroidaria superiore, presenti alle ore “dispari” dell’orologio: 1, 3, 5, 7, 9, 11) e può anche correggere l’eventuale prolasso, riposizionando mediante plicatura od “emorroidopessi” la mucosa anorettale nella sua sede naturale. Il tutto viene eseguito, a differenza della tecnica “secondo Longo”, mediante l’impiego di punti di sutura che vengono completamente riassorbiti in circa 2 mesi. L’intervento viene effettuato in una zona priva di terminazioni nervose ed in questo modo si riduce il principale problema delle metodiche chirurgiche tradizionali, ossia la sintomatologia dolorosa. Questa potrà, tuttavia, essere presente in caso di tecnica THD eseguita su pazienti con prolasso mucoso importante ed emorroidopessi, di conseguenza, anche essa rilevante.

No, quantunque le complicanze di questa tecnica siano rare, non esiste tecnica chirurgica che sia del tutto esente da possibili complicanze. Un corretto dialogo chirurgo-paziente (prima e dopo l’intervento) ed una corretta informazione sono parte fondamentale ed imprescindibile di un sano rapporto professionale.

L’emorroidopessi mediante cucitrice meccanica (“stapler”) o “tecnica di Longo” si è diffusa a partire dalla metà degli anni ’90. L’impiego della cucitrice meccanica o “stapler” può essere utile in casi selezionati, quali, ad esempio, quelli di malattia emorroidaria di quarto grado con vero prolasso circolare esterno della mucosa rettale (e non nei casi di semplice prolasso mucoso interno). In questi casi, peraltro, può anche essere eseguita la tecnica THD con emorroidopessi.

No, attualmente le tecniche anestesiologiche, quelle chirurgiche, ed una corretta gestione del paziente dopo l’intervento riescono a minimizzare il dolore anche dopo emorroidectomia tradizionale. In particolare, il paziente viene incoraggiato ad una evacuazione precoce (già in prima o seconda giornata post-operatoria), scongiurando, in tal modo, il rischio di accumulare feci dure (o di veri e propri “fecalomi”), dolorosissime all’atto della evacuazione.

La “ragade anale” è una soluzione di continuo (un vero e proprio taglio o piaga) che si può verificare in corrispondenza del margine anale, in genere sulla linea mediana posteriore. Per tale motivo, la ragade è spesso motivo di ipertono e stenosi anale, intenso dolore e rettorragia.

La ragade anale può beneficiare da una corretta terapia medica o chirurgica. Nei casi in cui il dolore sia sopportabile e dopo appropriata visita proctologica (onde escludere la presenza di altre patologie), si può eseguire, per alcune settimane, la terapia medica, in genere a base di lassativi di volume (ammorbidenti fecali), pomate a base di trinitroglicerina allo 0,2% od allo 0,4%, pomate a base di nifedipina, etc. Nei casi, invece, in cui il dolore sia insopportabile e si decida di procedere con urgenza, o nei casi in cui la terapia medica non abbia ottenuto alcun risultato, si deve procedere ad intervento chirurgico. Questo, in genere, consiste nella sfinterotomia laterale interna, ossia nella sezione controllata, di minima dello sfintere anale interno. Ne deriva la risoluzione dell’ipertono anale e la quasi immediata scomparsa della sintomatologia dolorosa. La ragade guarirà quindi nel corso delle settimane successive, non dando, nel frattempo, quasi più alcun segno di sè.

Nel 1980 il chirurgo e ricercatore USA John Bascom sviluppò la teoria che il sinus pilonidalis fosse una malattia acquisita e non congenita, come molti avevano sostenuto fino ad allora. Secondo tale teoria, il sinus pilonidalis è una malattia “dermatologica” e come tale va trattata, con escissioni e suture multiple ma di pochi millimetri (a “chicco di riso”) degli orifizi cutanei esterni situati sulla linea mediana posteriore della regione sacro-coccigea. Poichè eventuali suture maggiori sulla linea mediana posteriore per motivi meccanici tendono, il più delle volte, ad aprirsi, qualora fosse necessaria una detersione dei piani tessutali più profondi questi vanno raggiunti tramite una incisione laterale, che, invece, tende a guarire con estrema semplicità. Successivamente all’intervento di Bascom, la ripresa delle normali attività è, mediamente, molto più rapida rispetto ad interventi più demolitori.

Nei casi di sinus pilonidalis (o cisti sacro-coccigea) pluri-recidivo, molto esteso, etc. è proponibile l’escissione ampia e la sutura immediata della ferita, con tempi di guarigione spesso intorno ai 15 giorni. Per i motivi sopra esposti (tensione sulla linea mediana) la sutura ha più probabilità di chiudersi in tempi rapidi qualora vengano confezionati dei lembi o “flaps”. Tra questi, la “plastica a Z” è una delle metodiche più popolari.

L'Anurex è un presidio medico delle dimensioni di un dito mignolo, riutilizzabile fino a 6 mesi, di recente importazione dagli USA. L'Anurex impiega il freddo per il possibile miglioramento di svariate problematiche proctologiche, tra cui flogosi, sanguinamento dalle emorroidi, prurito, etc. L'Anurex va conservato nel congelatore, in quanto contiene una sostanza in grado di cedere gradualmente il freddo nel corso di sessioni di 8 minuti circa, da ripetersi, a seconda dei casi, una o due volte al giorno. L'Anurex va inserito nell'ano, con l'ausilio di un lubrificante. L'azione di raffreddamento contribuisce ad eliminare sanguinamento, dolore e prurito anale. In tal senso l'azione dell'Anurex può definirsi "crioterapica".

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